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Riprogrammare il tuo rapporto con il cibo: La neuroscienza del cambiamento delle abitudini alimentari

Riprogrammare il tuo rapporto con il cibo: La neuroscienza del cambiamento delle abitudini alimentari

Nella gestione del diabete, spesso ci concentriamo su cosa mangiare, ma raramente discutiamo come cambiare effettivamente le nostre abitudini alimentari a lungo termine. In quanto persona che vive con il diabete, ho scoperto che comprendere i meccanismi cerebrali alla base della formazione delle abitudini è stato trasformativo nel mio percorso di salute. Oggi esploriamo l'affascinante neuroscienza del cambiamento comportamentale e come possiamo applicarla per stabilire abitudini alimentari più sane e durature.

Il ciclo dell’abitudine: Perché è difficile cambiare

I nostri cervelli sono macchine dell’efficienza, progettate per automatizzare i comportamenti che ripetiamo regolarmente. Questa è la base delle abitudini. I neuroscienziati hanno identificato un “ciclo dell’abitudine” in tre parti, composto da uno stimolo, una routine e una ricompensa. Per le persone con il diabete, le abitudini alimentari problematiche spesso seguono questo schema:

  1. Stimolo: Stress, noia, situazioni sociali o anche momenti specifici della giornata
  2. Routine: Cercare cibi comfort ricchi di carboidrati o snack zuccherati
  3. Ricompensa: Il rilascio immediato di dopamina e il piacere derivante da questi cibi

Ciò che rende il cambiamento particolarmente impegnativo è che questi schemi diventano profondamente radicati nei nostri gangli della base, una regione cerebrale responsabile della formazione delle abitudini. I percorsi neurali diventano più forti con la ripetizione, rendendo il comportamento sempre più automatico e difficile da contrastare con decisioni consapevoli.

Questo spiega perché la sola forza di volontà è raramente efficace per cambiare abitudini a lungo termine. Stiamo letteralmente combattendo contro un’architettura neurale già stabilita.

Un’illustrazione che mostra il ciclo dell’abitudine in tre parti con una persona che sperimenta uno stimolo (apparendo stressata al lavoro), mette in atto una routine (raggiunge biscotti o uno snack zuccherato) e riceve una ricompensa (prova piacere momentaneo).

Sfruttare la neuroplasticità: La capacità del cervello di cambiare

La buona notizia è che il nostro cervello possiede una straordinaria neuroplasticità — la capacità di formare nuove connessioni neurali per tutta la vita. Significa che con l’approccio giusto possiamo “ripristinare” le nostre abitudini alimentari.

Le ricerche dimostrano che il cambiamento delle abitudini è più efficace quando:

1. Ci concentriamo sulla consapevolezza dello stimolo: Il primo passo è diventare consapevoli di ciò che scatena il comportamento alimentare problematico. Semplicemente osservando “prendo questo biscotto perché sono stressato” senza giudizio, attiviamo la corteccia prefrontale, portando i comportamenti automatici alla consapevolezza cosciente.

2. Sostituiamo l’abitudine invece di eliminarla: L’eliminazione totale crea un vuoto di ricompensa, rendendo probabile la ricaduta. Invece, sostituiamo il comportamento problematico con uno più sano che fornisca una ricompensa simile. Ad esempio, se il problema è mangiare per stress, sostituisci con una breve camminata o con esercizi di respirazione che possono anch’essi ridurre lo stress.

3. Creiamo cambiamenti ambientali: Il nostro ambiente modella potentemente il comportamento, spesso senza che ce ne accorgiamo. Ristrutturare il proprio spazio fisico — tenendo snack sani in vista e le scelte meno salutari fuori dalla vista — può ridurre il carico cognitivo necessario per fare scelte migliori.

4. Utilizziamo le “intenzioni di implementazione”: Si tratta di piani specifici “se-allora” che collegano gli stimoli situazionali alle risposte desiderate. Ad esempio: “Se mi sento stressato al lavoro, allora berrò un bicchiere d'acqua e mangerò il mio snack di verdure preparato.” Le ricerche dimostrano che questi piani concreti sono molto più efficaci delle semplici intenzioni vaghe.

Un’immagine a schermo diviso che mostra una persona mentre attua con successo delle sane sostituzioni di abitudini.

I tempi del cambiamento delle abitudini nella gestione del diabete

Contrariamente a quanto si crede, le ricerche suggeriscono che l’idea dei “21 giorni per formare un’abitudine” è troppo semplicistica. Gli studi dimostrano che la formazione di un’abitudine richiede tipicamente tra i 18 e i 254 giorni, con una media di 66 giorni — e questo varia in base alla complessità del comportamento e alle differenze individuali.

Per le persone con diabete, è importante riconoscere questo arco di tempo realistico e prepararsi di conseguenza:

  • Prime settimane (Giorni 1-21): Questo periodo richiede il massimo sforzo consapevole e potrebbe risultare scomodo perché il cervello lavora attivamente contro i percorsi neurali già consolidati. Il monitoraggio dei livelli di glucosio in questa fase fornisce un importante feedback per rinforzare i nuovi comportamenti.

  • Fase intermedia (Giorni 22-60): Gradualmente, i nuovi percorsi neurali si rafforzano e i nuovi comportamenti richiedono meno impegno consapevole. Tuttavia, sotto stress o stanchezza, il cervello potrebbe tornare ai vecchi schemi. Questo è normale e non rappresenta un fallimento.

  • Fase dell’automaticità (Giorno 60+): Alla fine, le nuove abitudini diventano codificate nei gangli della base e richiedono uno sforzo consapevole minimo. La chiave è la costanza nelle fasi iniziali per arrivare a questo punto.

Comprendere questa tempistica neurologica aiuta a fissare aspettative realistiche e previene la delusione che spesso fa fallire i tentativi di cambiamento delle abitudini.

Un’infografica con una timeline amichevole e incoraggiante che mostra le tre fasi della formazione dell’abitudine (Giorni 1-21, Giorni 22-60 e Giorno 60+).

Conclusione: Piccoli cambiamenti, grandi risultati

La scienza della neuroplasticità ci dà speranza: il cambiamento significativo è possibile, indipendentemente da quanto tempo abbiamo certe abitudini alimentari. La chiave è lavorare con i meccanismi del nostro cervello, non contro di essi.

Per chi gestisce il diabete, è meglio concentrarsi su un cambiamento piccolo e sostenibile alla volta piuttosto che rivoluzionare tutta la dieta da un giorno all’altro. Monitora non solo i livelli di glucosio ma anche i tuoi stimoli e risposte abituali. Nel tempo, questi spostamenti incrementali nel comportamento possono portare a miglioramenti profondi nel controllo glicemico e nel benessere generale.

Ricorda che le ricadute occasionali non sono fallimenti — sono dati preziosi nel tuo percorso di cambiamento e parti normali del processo neurologico di riprogrammazione.


Riferimenti:

Gardner, B., Lally, P., & Wardle, J. (2012). Making health habitual: the psychology of 'habit-formation' and general practice. British Journal of General Practice, 62(605), 664-666.

Wood, W., & Rünger, D. (2016). Psychology of habit. Annual Review of Psychology, 67, 289-314.

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